La città di Barletta nota come la Città della disfida, ha sempre ricoperto un ruolo di primo piano nella storia della Puglia. All'epoca delle crociate, è stata uno dei porti più importanti dell'Adriatico grazie ad una posizione propizia favorevole per il raggiungimento della Terrasanta. Proprio il passaggio di mercanti, pellegrini e guerrieri diretti in Medio Oriente diede origine alla fortuna della città. Il grande afflusso di capitali non si interruppe con la fine delle Crociate e gli ordini religiosi che si erano insediati a Barletta per l'occasione si dimostrarono assai abili nel gestire ingenti patrimoni dando origine ad un ricco partriziato. Più tardi anche l'imperatore Federico II prese atto dell'importanza di Barletta e la volle fra le città demaniali del suo regno.
Nel 1503, durante la seconda delle guerre d’Italia che vide la Francia rivaleggiare con la Spagna/Impero Austriaco per la supremazia in Europa, l'Osteria di Veleno a Barletta fu il luogo in cui in seguito ad un alterco fra italiani e francesi ci fu il confronto fra i soldati delle due parti ricordato come la "Disfida di Barletta".
Riconosciuta Città d’Arte, Barletta offre un importante patrimonio, con le eleganti architetture e le preziose collezioni museali. La sua storia si respira passeggiando per i vicoli del suo centro storico. Cuore del centro antico è il Castello, tra le più belle fortezze rinascimentali del Mezzogiorno, sede del Museo Civico. A pochi passi, sorge la Cattedrale, tra i pochi esempi di basilica palatina in Puglia.
Nota come detto in precedenza per la celebre disfida, Barletta invita a ritornare indietro nel tempo con una visita alla Cantina della Disfida, monumento nazionale, all’interno di un palazzo trecentesco. Poco fuori dal centro storico, Palazzo della Marra ospita la Pinacoteca Giuseppe De Nittis, con oltre 200 tele dell’impressionista di origini barlettane. Non è difficile apprezzare i pregi della città di Barletta perché ovunque, negli intricati vicoli del borgo come nelle larghe vie del centro, l'attenzione è catturata da monumenti spesso imponenti. Dal medioevo all'età moderna ogni epoca ha lasciato sue testimonianze.
Il famoso colosso di bronzo, la cattedrale, in cui gotico e romanico convivono in armonia, i palazzi, espressione dei miglior rinascimento pugliese, sono solo alcuni dei monumenti che la città offre a chi sappia goderne.
La storica osteria, detta casa di Veleno, è l’edificio oggi noto come la “Cantina della Sfida”. È il luogo in cui, secondo la tradizione, venne allestito un banchetto, secondo i costumi cavallereschi, in onore dei francesi che erano stati sconfitti durante uno scontro con gli spagnoli. Il capitano Don Diego de Mendoza provocò i francesi comparando il loro valore a quello degli italiani suoi alleati. I cavalieri francesi prigionieri, tra i quali spiccava la figura del fiero La Motte e i suoi uomini non accettarono quella che consideravano un’offesa ovvero l'essere paragonati agli italiani, incapaci e traditori. Fu così che il 13 febbraio 1503 si svolse lo scontro tra tredici cavalieri italiani, guidati da Ettore Fieramosca e 13 cavalieri francesi, nel duello della famosa Disfida di Barletta. Quest’episodio è stato molto utilizzato dalla propaganda nazionalista italiana come il momento storico che sancì la nascita di una coscienza nazionale, quella italiana. Per inciso il concetto di nazione è nato solo nel corso del XIX secolo e fino alla Rivoluzione Francese (1789) persino i francesi si identificavano più con le loro regioni storiche (Guascogna, Normandia, Provenza…) che con il loro paese nel senso moderno del termine. Da chiedersi se il nobile francese La Motte, si riferisse piuttosto ai Napoletani, essendo il regno di Napoli il territorio che contendevano agli Spagnoli. La Cantina della Disfida, oggi è il luogo dove inizia la rappresentazione storica del certame cavalleresco che ha festeggiato i 500 anni del “lancio dell’offesa”, ma è anche sede di diverse esposizioni e manifestazioni. Le sale sono state arredate con suppellettili d’epoca: scudi e torce ornano le pareti in pietra viva, un grande camino e i candelabri appesi alle volte alte conferiscono al luogo grande suggestione
La più antica notizia relativa alla presenza di una grande statua di bronzo esistente a Barletta risale al 1309. Comunemente è chiamata Eraclio nella variante popolare e dialettale di "Aré". L'identificazione con il suddetto imperatore bizantino è in realtà stata assolutamente esclusa. Molto più probabile è la sua identificazione con un altro imperatore d'oriente, Teodosio II. La figura bronzea rappresenta un uomo dell'apparente età di quarant'anni, rappresentato nel momento di maggior gloria di quell'imperatore in tutto l'Impero. Molto probabilmente la statua sarebbe stata elevata a Ravenna. L'ipotesi più "antica" sulla presenza del colosso a Barletta, risale al '600, e alla penna di un gesuita che affermava essere stata gettata sulla spiaggia di Barletta da una nave veneziana di ritorno da Bisanzio dopo il saccheggio del 1204.
Per numerosi motivi tale 'leggenda' è ormai esclusa mentre più probabile è che il trasporto in Puglia del preziosissimo bronzo sia avvenuto su ordine dell'imperatore svevo Federico II inserendosi nel clima culturale della renovatio imperii promossa dallo svevo.
La statua, restaurata e reintegrata delle parti mancanti già in età medievale, marca con la sua presenza il tessuto urbano di Barletta già dal pieno medioevo avendo mantenuto l'attuale collocazione.
Il Colosso di bronzo si presenta come una statua alta 4,50 metri, paludata di vesti imperiali tardo romane e bizantine come l'evidente diadema incastonato nella corona imperiale e la veste da capo militare di altissimo rango. La croce nella mano destra e la sfera nella sinistra sono i simboli della regalità imperiale.
Le tozze gambe furono ricostruite nel medioevo perché certo che le originali furono fuse per ottenere due campane nel XIV secolo.
Non è possibile datare con precisione l'origine del castello di Barletta, il cui aspetto attuale è chiaramente quello di una fortezza cinquecentesca ma la cui origine va molto addietro nei secoli. Gli storici locali parlano di una "poderosa rocca eretta dai Normanni nella seconda metà del XII sec. a difesa della città, caposaldo militare della linea difensiva dell'Ofanto" allorquando "erano frequenti le incursioni dei pirati che depredavano le coste dell'Adriatico". Il primo documento scritto è in un decreto del 1240 con cui Federico II includeva l'edificio tra i castelli del Giustizierato di Terra di Bari. Tra le testimonianze di questo periodo rimane unica l'aquila sveva, simbolo dell'autorità federiciana, ora murata nella lunetta della finestra a destra di chi entra nell'atrio. Con gli Angioini il Castello, come tutta la città, ebbe un nuovo assetto ad opera di Pietro d'Angicourt, il famoso architetto francese che contribuì alla diffusione in Italia meridionale del linguaggio gotico. Vero braccio destro di Carlo d'Angiò, L'Angicourt, che a Barletta possedeva due case, modificò ed ampliò il castello. Gli Aragonesi riportarono l'edificio all'originaria vocazione difensiva, facendone una fortezza inespugnabile ed una vera e propria macchina da guerra. Ferdinando I d'Aragona nel 1461, all'indomani della sua incoronazione avvenuta nell'adiacente cattedrale, assediato da eserciti filo-angioini, vi si rifugiò fino all'intervento dello Scandeberg. Nel 1527, come ricorda una targa all'entrata, persino l'imperatore Carlo V, cui si deve in definitiva l'attuale assetto della fortezza, partecipò alla storia dell'edificio, aggiungendo il fossato ed i 4 bastioni angolari. In seguito non ci furono interventi di rilievo fino al 1867 quando nel corso di un'asta pubblica il Comune di Barletta lo acquistò per la somma di £30.000, concedendolo poi all'autorità militare che ne fece un deposito d'armi ed un carcere. Nel 1976 un complesso intervento di restauro ha consolidato la struttura, facendone la sede delle collezioni del museo-pinacoteca della città,scrigno eterno di storia e cultura.